Assolto dall'accusa di tentato omicidio

Assolto dall’accusa di tentato omicidio e stalking. Majdi è innocente
Stefano Pipitone

ASSOLTO DALL’ACCUSA DI STALKING E TENTATO OMICIDIO
PROVATA L’INNOCENZA DI MAJDI ABDERRAZZAK

Il 4 luglio 2022 il Tribunale di Siracusa ha stabilito l’innocenza del Sig. Majdi Aberrazzak, assistito di fiducia dall’avv. Stefano Francesco Pipitone.

Dopo 6 anni di complesso iter giudiziario, è finito l’incubo per Majdi, assolto con formula “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di atti persecutori e tentato omicidio.
Nel luglio del 2016, la presunta persona offesa, Mounia Ouassa, è stata trovata dai militari dell’Arma dei Carabinieri all’interno dell’abitazione del Majdi, suo ex fidanzato, priva di sensi e con una ferita da taglio al collo.
Ouassa, una volta ripresi i sensi,  ha accusato l’ex di averla perseguitata per mesi e di aver provato ad ucciderla, tagliandole la gola con un frammento di vetro.
Sin dal primo istante Majdi ha invece rappresentato alla Polizia Giudiziaria ed alla Autorità procedente una storia diversa, secondo la quale quella ragazza si sarebbe inventata tutto, ferendosi il collo da sola al fine di rovinare la vita al proprio ex.
Una difesa assurda, inverosimilie, che è costata all’indagato l’arresto immediato e diversi mesi di custodia cautelare, trascorsi nella Casa Circondariale di Siracusa, (cd. Carcere Cavadonna).
A distanza di 6 anni, dopo oltre 12 udienze ed una dialettica processuale a tratti tesa, caratterizzata da colpi di scena e insanabili contraddizioni, le prove hanno dimostrato la verosimiglianza della versione dei fatti raccontata sin dal primo momento dall’imputato. Majdi è stato assolto percheè il fatto non sussiste.

In attesa delle motivazioni della sentenza, allo stato possiamo solo condividere le principali tesi difensive, incentrate su tre argomentazioni.

Le prove logiche.
Monia Ouassa ha lamentato d’esser stata vittima di stalking, di aver subito con minacce di morte tali da farla vivere in uno stato di perenne terrore, così intenso da indurla a non uscire più da casa se non scortata.
Eppure, il 7 luglio del 2016 quella stessa ragazza si è presentata a casa del Majdi da sola, nascondendo a tutti dove stesse andando. Quel giorno Ouassa era infatti consapevole di trovare il suo ex fidanzato all’interno della propria abitazione senza la presenza dell’abituale coinquilino, rientrato nel proprio paese.
La seconda circostanza illogica emersa nel processo riguarda il comportamento tenuto dal Majdi. L’imputato, extracomunitario irregolare sul territorio italiano, il giorno in cui si sono verificati i fatti, in presenza della ex fidanzata svenuta a terra, sanguinante alla gola, all’arrivo dei militari dell’Arma non soltanto non è scappato. Ma è addirittura andato loro incontro, consegnando con le proprie mani l’ “arma del delitto” (un frammento di vetro).

La prova dichiarativa.
Per una strana combinazione di eventi, contrariamente a quanto immaginato dalla Ouassa, il 7 luglio del 2016 Majdi non si trovava in casa da solo. Era accaduto infatti che poco prima avesse ricevuto la visita di un connazionale, andato a trovarlo per qualche giorno.
L’ospite, testimone diretto, presente al momento dei fatti, ha sempre raccontato ciò che ha visto con i propri occhi: Mounia Ouassa, dopo essere entrata in quella casa, si è ferita da sola, tagliandosi il lato sinistro del collo, poco sotto l’orecchio, con un piccolo pezzo di vetro.
A ben guardare, si tratta della stessa versione resa dal Majdi ai Carabinieri nell’immediatezza dei fatti. L’intervento tempestivo della Polizia Giudiziaria e l’immediato arresto del Majdi consentono di escludere qualunque rischio di contaminazione della testimonianza. Tuttavia, quella testimonianza è rimasta in un cassetto per anni. Sino al processo.

La prova scientifica.
La chiave di volta del processo è stata la consulenza tecnico-scientifica redatta dal dott. Cataldo Raffino, medico legale.
Il lungo e complesso esame del consulente ha introdotto nel processo la prova scientifica della non compatibilità delle caratteristiche di quello specifico taglio alla gola con l’azione (aggressione) di un soggetto terzo. La morfologia del taglio, la posizione, le tracce di sangue convergono tutte verso un’unica conclusione: quella ferita è stata autoprodotta dalla stessa persona offesa.
La sintesi di questo comunicato stampa non potrà mai rendere giustizia alle sofferenze patite da un innocente ingiustamente accusato, trascinato suo malgrado in una vicenda giudiziaria lunga 6 anni attraverso un complesso di accadimenti degni della sceneggiatura di un film o della pubblicazione di un libro.

Una cosa è certa. Il 4 luglio è stata ristabilita la Giustizia.

Abderrazzak Majdi è innocente.