Deposito di Rifiuti. Responsabilità di imprenditore e proprietario del terreno

Deposito di Rifiuti. Responsabilità di imprenditore e proprietario del terreno
Studio Legale Pipitone

Rifiuti e Impresa
Quando scatta la responsabilità del rappresentante legale per il reato di deposito incontrollato di rifiuti

Ogni imprenditore si trova davanti a continue sfide, non solo nell’ambito economico commerciale dell’attività.
Orientarsi nel labirinto normativo italiano è un’attività complessa, in grado di drenare una quota sensibile di energie e di provare più di un mal di testa.
Il dedalo di norme amministrative, giuslavoristiche e tributarie, dal 2006 si arricchisce delle norme in tema di ambiente.  Il Testo Unico Ambientale (c.d. TUA), introdotto con il d.lgs. 152/2006, ha l’obiettivo di promuovere più alti livelli di qualità della vita umana «attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali», (art. 2, TUA). In altri termini, la normativa prevede che l’ambiente sia tutelato in via strumentale rispetto all’interesse finale della tutela della qualità della vita umana.

Il Testo Unico sanziona le  violazioni della normativa ambientale attraverso la previsione di reati, principalmente di reati contravvenzionali di pericolo astratto. Senza entrare nel dettaglio della categoria di reati di pericolo astratto, in questa sede è sufficiente ricordare che, ai fini della configurazione del reato e della conseguente punibilità, sarà sufficiente il superamento di un valore soglia o l’inosservanza di una procedura, a prescindere dal danno effettivo recato all’ambiente.

Il presente contributo ha ad oggetto il reato previsto dall’art. 256, comma 2, del TUA[1].
Tale norma, che si colloca nel più ampio ambito dell’ attività di gestione di rifiuti non autorizzata, sanziona le condotte del titolare di impresa o del responsabile di un ente che abbandona, deposita in maniera incontrollata, immette nelle acque (superficiali o sotterrane), dei rifiuti[2] prodotti dall’impresa, in violazione dell’art. 192, primo e secondo comma[3], (che dispone, per l’appunto, il divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul/nel suolo e nelle acque superficiali e sotterranee).

Soggetti attivi

I soggetti ai quali può essere imputato il reato di abbandono illecito di rifiuti sono – come già anticipato – il titolare di impresao il responsabile di un ente.
Tali soggetti, in caso di commissione dell’illecito in discorso, saranno sanzionati con la pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno se si tratta di rifiuti non pericolosi, o con la pena dell’arresto da 6 mesi a 2 anni se si tratta di rifiuti pericolosi.
In entrambi i casi si applicherà l’ammenda da 2.600,00 euro a 26.000,00 euro.
In aggiunta alle sopra indicate responsabilità personali dell’amministratore, l’impresa è esposta ad una propria responsabilità penale (amministrativa) ai sensi del d.lgs. 231/2001 (art. 25 undecies).

Inoltre, si applicherà l’art. 3, comma 32, della l. n. 549 del 1995, che assoggetta alla c.d. ecotassa e ad una sanzione amministrativa pari a tre volte l’ammontare di tale tributo l’effettuazione di deposito incontrollato di rifiuti, (Cassazione civile, sez. trib., 31/07/2019, n. 20614). La responsabilità per il titolare d’impresa non è oggettiva (cioè attribuita “in automatico”).
La giurisprudenza di merito ha mostrato aperture in tal senso e, spezzando una lancia in favore del responsabile d’azienda, ha affermato che  “la gestione illecita di rifiuti posta in essere da altri, non comporta una responsabilità oggettiva – di mera posizione – per il responsabile d’azienda: è necessaria la sussistenza di elementi che dimostrino la violazione dei doveri di vigilanza su chi abbia materialmente posto in essere l’attività illecita”, (Corte appello, Taranto, 25/02/2021, n. 155).
L’articolo 256 del TUA indica quali soggetti attivi del reato il titolare d’impresa o il responsabile di un ente. È utile ricoardare come la giurisprudenza abbia precisato che la responsabilità possa essere estesa anche al proprietario del terreno.
La Cassazione, con una sentenza del 2019[4], si è espressa aprendo alla possibile responsabilità, in concorso con il titolare d’impresa, del proprietario di un terreno sul quale venga svolta un’illecita gestione di rifiuti da parte di altri. Per affermare la responsabilità del proprietario, tuttavia, la S.C. ha stabilito il principio secondo cui non basta la colpevole inerzia del proprietario a fronte della collocazione dei rifiuti nel suo terreno da parte di terzi: è necessario che il proprietario apporti – consapevolmente – un contributo causale all’attività altrui.

Le condotte rilevanti per il reato

  1. La condotta di abbandono

L’abbandono di rifiuti, dal punto di vista dell’elemento oggettivo del reato, si configura in presenza di condotte incompatibili con forme di legittima gestione dei rifiuti, quali:

  • lo stoccaggio[5] o deposito preliminare (che richiede l’autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste dall’ articolo 6, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 22/1997 per il deposito temporaneo di rifiuti (Tribunale, Nola, 15/01/2020, n. 106);
  • la messa in riserva in attesa di recupero;
  • la realizzazione di discarica autorizzata.

Perché si integri la condotta di abbandono di rifiuti si deve trattare di condotte occasionali ed episodiche, relative a modesti quantitativi di rifiuto. In caso contrario, fuori da questi limiti, il fatto può essere qualificato nella più grave fattispecie di reato di discarica abusiva di cui al comma 3 dell’art. 256, TUA, (purché sia accertato anche il degrado dell’area alterata nella sua destinazione e funzione a causa del ripetuto scarico di rifiuti).

  1. La condotta di deposito incontrollato di rifiuti

Il deposito di rifiuti è temporaneo quando consiste in un raggruppamento/deposito dei rifiuti nel luogo della loro produzione, (o presso il sito della cooperativa agricola, per gli imprenditori agricoli ex 2135 c.c.), preliminare alla raccolta degli stessi affinché vengano portati in un impianto di trattamento. Il deposito temporaneo assume le caratteristiche del deposito incontrollato (sanzionabile ex art. 256, comma 2, TUA) quando non sono rispettati alcuni limiti previsti dall’art. 183 lett. bb), TUA, ovvero [6]:

  • limiti quantitativi: i rifiuti devono essere raccolti per essere recuperati o smaltiti secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:
  • almeno ogni 3 mesi, indipendentemente dalle quantità di rifiuti in deposito;
  • quando i rifiuti in deposito raggiungono complessivamente i 30 metri cubi, (di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi);
  • limiti temporali: in ogni caso il deposito temporaneo non può durare più di 1 anno;
  • limiti modali: raggruppamento per categorie omogenee di rifiuti e rispetto delle norme tecniche, in particolare per i rifiuti pericolosi.

Il rispetto dei requisiti descritti è necessario per delineare la legittimità giuridica del deposito e, pertanto, devono essere rispettati in ogni caso. A nulla rileva che l’eventuale superamento dei richiamati limiti  non abbia determinato alcun genere di danno all’ambiente o che siano sotto sorveglianza da parte del detentore.
Anche in tale ipotesi vale quanto detto in precedenza: deve trattarsi di una condotta occasionale, relativa ad un determinato e circoscritto quantitativo di rifiuti, (in caso contrario, ove l’impresa ponga in essere un’attività di “ammasso provvisorio” con i caratteri della sistematicità e continuatività si profila lo “stoccaggio”, come deposito preliminare o messa in riserva).
Il reato di deposito incontrollato ha natura di reato permanente. In sintesi, si tratta della deriva patologica di un deposito “controllabile”, per il quale tuttavia non sono stati rispettati i parametri previsti dal citato art. 183 (omessa rimozione).
La natura del reato (permanente o istantaneo ad effetti permanenti) è stata oggetto di interpretazioni giurisprudenziali contrastanti. La permanenza del reato cessa con lo smaltimento (seguito dall’eventuale bonifica del sito, ), recupero ovvero dall’eventuale sequestro.
Ricordiamo che dal reato derivano precisi obblighi di bonifica, in accordo a quanto disposto dall’art. 192 TUA, al cui comma 2 viene introdotto l’obbligo di procedere alla rimozione, recupero o smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi.
L’art. 192 TUA, inoltre, al comma 4 introduce la responsabilità in solido della persona giuridica per i fatti commessi da amministratori o rappresentati legali, in accordo alle previsioni del d.lgs. 231/2001.

3.    Immissione nelle acque superficiali o sotterranee dei rifiuti

Le condotte sopra descritte di abbaondono di rifiuti in acque, superficiali o sotterranee, (la nozione di rifiuti allo stato liquido deve essere tenuta distinta rispetto alla nozione di acque di scarico), sono espressamente vietate dall’art 192 TUA e sanzionate dall’art. 256.

In conclusione, attese le responsabilità in cui possono incorrere amministratore e impresa, è opportuno che l’azienda si doti una attenta policy in tema di ambiente e rifiuti, mappando le attività a rischio, predisponendo adeguati protocolli e, se opportuno, dotandosi di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex d.lgs. 231/2001, così da neutralizzare o quantomeno ridurre sensibilmente il rischio di commissione di ecodelitti.

Contributo redatto con la collaborazione della dott.ssa Ludovica Marano

 

[1] Cfr. art. 256, TUA: «1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29 quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
  1. a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
  3. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2».
[2] Ex art. 183, lett. a) TUA: «“rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi».
[3] Cfr. art. 192, TUA rubricato “Divieto di abbandono”: «1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
  1. è altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee».
[4] V. Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 13606 dell’8 febbraio 2019.
[5] Ex art. 183, lett. aa) TUA: «“stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta;
[6] Art. 183 lett. bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;